Lodè
Lodè appartiene alla Provincia e Diocesi di Nuoro; è un paese ricco di storia e di cultura.
Don Alessandro Muggianu, nella presentazione al libro “Le Chiese di Lodè : dal periodo canonicale ai giorni nostri” di Giacomo Floris, ci ricorda che “un percorso di fede, una società civile, una comunità cristiana devono necessariamente reggersi sul proprio passato per comprendere la propria identità presente”; ed è questo uno dei motivi che hanno portato alla pubblicazione del libro stesso e dal quale sono tratte le informazioni sulla storia di Lodè e delle sue Chiese di seguito riportate.
Per maggiori informazioni si rimanda al volume pubblicato.
I più antichi documenti su Lodè risalgono al XIV secolo e si trovano presso l’Archivio della Corona d’Aragona (Spagna) che conserva le carte riguardanti la gestione politica, amministrativa e economica dell'antica curatoría di Posada, costituita da Lodè, Siniscola, Posada e Torpè. In Spagna e in differenti archivi si conservano i documenti (XV-XVII sec.) di età moderna di natura prettamente feudale.
L’archivio di Stato di Cagliari conserva diverse carte sulla Baronia in generale e in particolare la documentazione su Lodè dal XVII al XIX secolo.
Fondamentali per completare la nostra storia dal XV al XVIII secolo sono i fondi conservati presso l’archivio diocesano di Cagliari. Il merito di aver reso pubblica parte della documentazione riguardante l’antica diocesi di Galtellì, di cui Lodè faceva parte, va a Mons. Ottorino Pietro Alberti, arcivescovo emerito di Cagliari.
Non meno importanti sono i documenti notarili conservati presso l’Archivio di Stato di Nuoro il cui fondo è costituito per il 90% da carte testamentali, lasciti pii e vendite di case e terreni. Nella fattispecie i testamenti rivestono un ruolo importante per lo storico in quanto il loro contenuto permette di ricostruire il tessuto sociale, materiale e spirituale dei fedeli.
Infine molte notizie sulla storia della parrocchia e sulla vita socio-sacramentale dei parrocchiani di Lodè si trova registrata sui Libri Parrocchiali. Questi sono pure conosciuti come "Quinque libri"; sono libri/registri che raccolgono gli atti sacramentali più importanti nella vita di un cristiano: battesimo, comunione, cresima, matrimonio e morte. Ogni atto è definito e raccolto per iscritto in piccole annotazioni che testimoniano le date, i nomi, i personaggi, le discendenze dirette e ciò che è accaduto in ogni momento della vita della comunità, in relazione alla fede. A Lodè i Quinque Libri che si sono conservati vanno, pur con qualche interruzione, dal 1622 ai nostri giorni.
I primi riferimenti all’esistenza della villa medievale di Lodè risalgono, secondo Dionigi Panedda, al 1135 e successivamente al 1238, quando rispettivamente Innocenzo II e Onorio III confermarono ai Vittorini di Marsiglia la donazione, fatta dal giudice Costantino di Gallura, della corte di S. Andrea di Lata o Late all’ordine monastico dei Vittorini di Marsiglia.
Entrambe le fonti che collocano con sicurezza la corte in territorio gallurese, non dicono niente altro sulla villa. Lo storico Panedda, profondo conoscitore delle dinamiche insediative della Gallura medioevale, suppone possa trattarsi della villa di Lodè, attestata nelle forme grafiche tardo medioevali come Lotde o Locde, forme nominali molto simili a Late/Lata.
Bisogna aspettare il XIV secolo per avere notizie certe. Nel 1323-24 il giudicato di Gallura e tutta la Sardegna, tranne il giudicato d’Arborea, passarono sotto il governo catalano-aragonese. Nel 1324 l’ex curatorìa di Posada con tutte le sue villas fu conquistata dall’ammiraglio valenziano Francesco Carròç e Pisa perse il suo dominio a scapito del nuovo Regnum Sardiniae et Corsicae.
La tradizione locale nonché le fonti documentali a partire dal XV secolo attestano la presenza di una chiesa dedicata a S. Andrea, parrocchiale sino al XVIII secolo.
Nel 1358 il paese apparteneva, per lascito, agli Ospedalieri di San Giovanni, Ordine di Malta, e vi risiedevano cento uomini d’arme.
In base ai tributi versati si ipotizza che Lodè contasse sui trecento abitanti, questo ne faceva una delle villas più importanti dell’intera Gallura medioevale.
Il villaggio è rimasto incluso nella struttura politica del giudicato d’Arborea fino al 1420.
Il 25 giugno del 1431 Lodè e le altre villas dell’antica curatorìa furono infeudate a Nicolò Carròç d’Arborea, erede di una delle più antiche e potenti famiglie valenziane giunte in Sardegna nel 1323 in seguito alla conquista aragonese.
Nicolò Carròç fu nominato nel 1460 viceré di Sardegna distinguendosi per la dura opposizione alle legittime pretese del marchese di Oristano, Leonardo Alagon, ultimo erede degli antichi giudici d’Arborea. Non si conosce molto della vita degli abitanti di Lodè in questo periodo, anche se riusciamo a ricostruirne la storia attraverso lo studio di documenti di poco successivi alla morte del primo barone avvenuta nel 1479.
Lodè e tutta la baronia passarono sotto il controllo della moglie Brianda de Mur e successivamente della figlia, donna Stefania Carròç-De Mur y Arborea.
Donna Stefania, nubile per scelta, lasciò l’intero feudo all’Ospedale de la Santa Creu di Barcellona e di Santa Maria de Gracia di Saragozza, contro la volontà dei funzionari regi che ritenevano che il feudo dovesse tornare alla Corona.
Per tutto il XVI e XVIII secolo gli abitanti della Baronia furono soggetti alla continua pressione barbaresca. Diverse richieste di aiuto furono inoltrate sia al vicerè che all’arcivescovo di Cagliari, tra cui quella di potersi rifugiare presso il borgo fortificato di Posada o di cingersi di mura e torri, come in seguito avvenne per Siniscola. All'incirca in questo periodo e sicuramente a seguito di questi avvenimenti si stabilirono probabilmente a Lodè, non si sa per quanto tempo, i padri trinitari che diedero inizio alla costruzione della chiesa della Madonna Rimedio, patrona dell’ordine e protettrice degli schiavi o persone molto affini al loro carisma e in qualche modo partecipi della loro spiritualità e del loro impegno per il riscatto dei cristiani catturati dai saraceni.
Col passaggio, nel 1720, del regno di Sardegna ai Savoia, Lodè seguì i destini di tutti gli altri centri dell’antico distretto di Posada. Nel 1746 Lodè contava circa 140 abitanti e apparteneva alla famiglia Masones imparentati con i duchi di Lima e Sotomayor.
Come tutte le ville di quei tempi, anche Lodè cambiò spesso feudatari, prima aragonesi e poi spagnoli fino alle soglie dell’unità d’Italia, quando l’antico distretto venne riscattato per volontà dei re di Casa Savoia, nonostante l’accanita resistenza dell’ultima baronessa, Donna Marianna Nin Zatrillas e dei suoi discendenti.